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Il cosiddetto tempio della Concordia è uno dei templi in miglior stato di conservazione dell’antichità greca.
L’edificio deve il suo nome tradizionale a un’iscrizione latina della metà del I secolo d.C. con dedica alla “Concordia degli Agrigentini”. L’iscrizione fu erroneamente messa in rapporto con il tempio dallo storico e teologo Tommaso Fazello intorno alla metà del ‘500.
L’edificio di ordine dorico è databile intorno alla seconda metà del V secolo a.C. e ha un basamento di quattro gradini, su cui poggiano sei colonne sui lati brevi e tredici su quelli lunghi. Unico fra i templi agrigentini, conserva quasi interamente gli elementi della trabeazione e i due frontoni sui lati est e ovest.
Al suo interno il tempio è suddiviso in atrio di ingresso, cella e vano posteriore, il primo e l’ultimo con due colonne fra le ante. La porta della cella è fiancheggiata da due piloni entro cui è ricavata una scaletta di servizio che conduce al tetto.
Secondo la tradizione il tempio fu trasformato in chiesa cristiana intorno alla fine del VI secolo d.C., quando Gregorio, vescovo di Agrigento, consacrò l’antico tempio ai Santi Apostoli Pietro e Paolo dopo averne scacciato i demoni Eber e Raps.
Le dodici arcate aperte nelle pareti della cella risalgono all’uso dell’edificio come chiesa cristiana, che ne ha garantito l’eccezionale stato di conservazione.
Infine la dualità dei demoni pagani e la duplice dedica della chiesa cristiana hanno fatto ipotizzare un’originaria titolarità del tempio a una coppia di divinità greche (fra le diverse ipotesi, i Dioscuri). La divinità, a cui il tempio era dedicato in origine, è – tuttavia – ancora sconosciuta in assenza di riscontri archeologici ed epigrafici.